martedì 29 maggio 2012

Mito e mitologia

Il mito della caverna


Il mito della caverna di Platone, raccontato all'inizio del libro settimo de La Repubblica, è ricco di simboli che vengono codificati dall’autore attraverso delle immagini che rimangono ben impresse nella mente: le catene infatti rappresentano le abitudini che a loro volta ci impediscono di crearci problemi e di mettere in discussione le credenze. Quando il prigioniero giunge al mondo vero, deve prima adattarsi, deve guardare la realtà, ma la visione è resa possibile dal SOLE che rappresenta l’idea del bene fondamento della conoscenza.






“Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dall'infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro. Si pensi, inoltre, che alle spalle dei prigionieri sia stato acceso un enorme fuoco e che, tra il fuoco ed i prigionieri, corra una strada rialzata. Lungo questa strada sia stato eretto un muricciolo, lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti. Le forme proietterebbero la propria ombra sul muro e questo attrarrebbe l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un'eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.
Si supponga che uno dei prigionieri viene liberato. Si accorge che le ombre sono proiettate dalle statuette e scambierà queste per la vera realtà ma si sbaglia perché le statuette sono copie degli esseri reali.Se si costringe il prigioniero ad uscire dalla caverna, prima rimane abbagliato dalla luce, i cui occhi sono abituati all’oscurità, e non è in grado di vedere i veri esseri. Poi, abituandosi alla luce, potrebbe vedere le cose in sé e guardare il Sole rendendosi conto che tutto ciò che vede è reso visibile dalla luce del Sole”.









Mitologia


Mitologia (dal greco μῦθος mŷthos e λέγειν légein; letteralmente: "discorrere in maniera razionale del racconto poetico") è il termine con cui si indica sia lo studio - riferito di frequente alle singole religioni - dei miti e sia il complesso delle credenze mitiche. «Studiato dal vivo, il mito non è una spiegazione che soddisfi un interesse scientifico, ma la resurrezione in forma di narrazione di una realtà primigenia, che viene raccontata per soddisfare profondi bisogni religiosi, esigenze morali, esso esprime, stimola e codifica la credenza; salvaguarda e rafforza la moralità; garantisce l'efficienza del rito e contiene regole pratiche per la condotta dell'uomo. Il mito è dunque un ingrediente vitale della civiltà umana; non favola inutile, ma forza attiva costruita nel tempo»


(Bronislaw Malinowski, Il mito e il padre nella psicologia primitiva)



Un mito (dal greco μύθος, mythos, pronuncia müthos) è una narrazione investita di sacralità relativa alle origini del mondo o alle modalità con cui il mondo stesso e le creature viventi hanno raggiunto la forma presente in un certo contesto socio culturale o in un popolo specifico. Di solito i suoi protagonisti sono dei ed eroi come protagonisti delle origini del mondo in un contesto sacrale e spesso le vicende narrate nel mito hanno luogo in un'epoca che precede la storia scritta. Il mito è un elemento essenziale della civiltà umana; non una teoria astratta o una parata d’immagini, ma una vera codificazione della religione primitiva e della saggezza pratica Ciò naturalmente non implica né che la narrazione sia vera, né che sia falsa.

Mitologia greca: 






Agamennone

Mitologia romana: 

Minerva





Mitologia orientale:



Le 5 bestie guardiane della mitologia cinese


 
















Mitologia giapponese: il mito della creazione


















Mitologia indiana: dea Kalì, simbolo di distruzione e dissoluzione




Mitologia celtica  

















Mitologia Nordica: